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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Bene attualizzato: sia fatta la tua volontà sacrificale.
La mancanza o penuria dei beni aderenti non mette in
dubbio la bontà né del creato né del Creatore. Il Padre è
buono di bontà beneficale e sacrificale. Di qui il dono
della vita sacrificale, dove è bene è la vita e il suo sacrificale.
Assenza dei beni aderenti è: la povertà.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del dire
egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare sacrificale.
Al fare sacrificale ci si accosta pregandolo. Quando pregate,
voi dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale,
da dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene
augurato e perorato; bene attualizzato: Sia fatta la tua volontà
sacrificale come in cielo così in terra. È la volontà divina
Paterna. Vuole il sacrificale suo celeste: sacrificandosi e
lasciandosi sacrificare. Vuole il sacrificale terrestre:
- il suo: per volontà moritiva salvifica: salva morendo.
- Il nostro:
. L’attivo: quello che mi do al piacerale
. Il passivo: quello che il Padre mi dona per la mia
assoluzione presente.
Mi può sacrificare il cosmo, come il nemico: sacrificale
inimicale. Può sacrificare i miei beni: componenti. Ci può
sacrificare i beni aderenti: presiedono allo sviluppo di un
corpo animato cui il Padre ha assegnato una forma potenziale
o piccolare. Aderiscono perfettamente e necessariamente
ai bisogni della persona: cibo, vestito, abitazione.
La loro scarsezza o assenza chiama in causa la bontà del
creato e del suo Creatore. È buono un creato che non fornisce
il necessario al suo re, che è l’uomo? Ed è buono un
Padre Creatore che non ha saputo o non ha voluto immettere
nel creato il necessario per i suoi figli? Tocchiamo il
punto più delicato della nostra fede in Dio. Con un creato
così avaro, tu sei Padre buono o un Padrone bieco? Solo il
Visuato Paterno mi poteva fornire risposte esaurienti e
soddisfacienti. Eccola: il Padre è amore sacrificale e la sua
vita la vive al sacrificale: sommo bene, e vita e suo sacrificale.
Lo stesso beneficale esce fuori dal suo sacrificale e
ne porta le impronte. Ecco l’umana vita dalle qualità beneficali
e sacrificali.
1) Lo è in se stessa, dal suo interno per quella forma
potenziale o piccolare che gli ha assegnato. Per quella
stessa forma piccolare la vita umana è vulnerabile.
2) E quindi sacrificabile pure dall’esterno, e a sacrificarla
possono essere la mancanza o la insufficienza dei beni
aderenti.
Da tutto questo emerge la vera bontà Paterna. Il Padre è
buono: dalla sua bontà sortisce la sua beneficalità: il suo
far essere ciò che è bene (bene della vita). Non è beneficamente
buono, lo è sacrificalmente: buono di bontà sacrificale.
Ecco il bene di una vita sacrificale. Quel sacrificale
la dice chiara della vita: è buona di bontà solo temporale,
che va per destinazione divina verso un bontà eternale, e
vi giunge unicamente mediante il sacrificale. Il sacrificale
può toccare anche i beni aderenti. La assenza o la loro
insufficienza forma il loro sacrificale. La penuria di beni
aderenti forma la povertà.
La povertà è amica di Dio: è buona per Lui. Alla persona
si è dato da vivere al sacrificale. Se la persona ne vive, si
limita a provvedere al suo stretto necessario; il non occor-
rente lo sacrifica per le povertà umane. Il Padre ama la
povertà e la fa amare ai suoi figli. La povertà è amore
verso la vita. Ne ha dato prova il Figlio suo: Gesù. Dice
male S.Paolo, il quale parlando di Gesù scrive:
1) Pur essendo ricco si fece povero: ma la sua ricchezza è
la povertà, perché la sua ricchezza è nel suo sacrificale
che lo fa povero nel tempo.
2) La povertà la persona la sente nemica: la odia, la combatte
per superarla e debellarla per sempre dalla terra.
Gliela fa sentire tale l’amore egoisticale cui Satana ha dato
una forma istintiva. Per istinto ogni persona ama la ricchezza
e odia la povertà. Non benedetta, ma maledetta lei
e il suo generatore: Dio.

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